Pneumatica Emiliano Romagnola

MUSICA POPOLARE DELL’EMILIA E DELLA ROMAGNA

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Musica Popolare dell’Emilia e della Romagna

 

Umberto Cavalli: fisarmonica, clarinetto

Marco Muzzi: contrabbasso

Marco Bartolini: percussioni

Stefano Zuffi: voce, ghironda, violino, ocarina, mandolino, piva

 

 

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Collaborano attivamente con la Pneumatica Emiliano Romagnola:
Ombretta Franco: Fisarmonica, Percussioni
Carla Artioli: Voce
Felice Lippolis: Percussioni
Veronica Benuzzi: Voce

Pneumatica Emiliano Romagnola, il nome deriva da (a scelta e a parer vostro, tanto son tutte valide):

a) Pneuma s.m. – 1. filos. Principio vitale; in particolare nelle teorie cosmologiche degli stoici, lo spirito divino che anima e informa di sé il mondo; nella teologia cristiana e secondo gli gnostici, la parte più elevata dell’individuo, l’anima razionale, ispirata direttamente dalla divinità; anche lo Spirito Santo. 2. music. nel canto gregoriano, melisma cantato su una sola sillaba; anche segno della notazione bizantina, corrispondente ad un intervallo di terza o di quinta. Dal latino tardo pnèuma , greco pnêuma “soffio” poi “anima” der.di pnêin “soffiare”.

b) nome futurista come dovuto omaggio a Francesco Balilla Pratella, musicista, artista ma soprattutto futurista, tra i primi, nel ‘900, a fare ricerca etnomusicologica nel nostro territorio, ancora valido supporto per chiunque voglia avvicinarsi alle tradizioni sonore emiliano romagnole.

c) il tentativo (frustrato?) di trovare uno sponsor nell’ambito dei produttori di pneumatici per autotrazione o nell’industria oleopneumatica: siamo disposti a cambiare il nome in Meccanica Emiliano Romagnola, Alberghiera, Suinicola ecc.ecc. secondo volontà e disposizione degli sponsor (eventuali).

Il gruppo di recente formazione, é composto da musicisti che da molti anni svolgono attività musicale nell’ambito della musica tradizionale ed antica, sia come esecutori che in qualità d’insegnanti di corsi e stage di perfezionamento. Una sintesi di spettacoli, di dischi, di esperienze e di passione che sul palco dà luogo ad un’esplosiva miscela di musica, voci, e piacere dell’ascolto.

Per contatti e informazioni:

Marco Bartolini Via Cavour 44/a 47032 Bertinoro (FC)

Tel + fax: 0543 444621
Cell: +39 338 3473990
e-mail: smpposta@alice.it
www.musicapopolare.net

GUARDA E ASCOLTA LA PNEUMATICA LIVE su you tube:
http://it.youtube.com/watch?v=e0tkuChOED4
http://it.youtube.com/watch?v=ACLiwww5rvk

!!!!POTETE SCARICARE LA MUSICA DELLA PNEUMATICA EMILIANO ROMAGNOLA IN FORMATO Mp3 ALLA PAGINA DOWNLOAD DI QUESTO SITO: http://www.musicapopolare.net/modules/PDdownloads/viewcat.php?cid=1

PROPOSTE CONCERTI

I CANTI DELLA TERRA
Libera scorribanda tra gli strumenti, i canti e i balli della tradizione musicale dell1Emilia e della Romagna. Mani affondate nella ricchezza di forme e sonorità caratteristiche della regione

L1Emilia e Romagna deve alla propria collocazione e conformazione geografica questo ruolo/carattere di ponte, di cerniera tra nord e sud, tra est e ovest: adagiata sulla pianura Padana, con i piedi nel sud antico dell1Appennino e lo sguardo sempre volto all1oriente dove il sole sorge. E dove risiedono i sogni.
L1Emilia e Romagna è uno spazio dove Etruschi, Latini, Galli, Bizantini e Longobardi hanno depositato sedimenti culturali non più rimossi. Nei nomi di fiumi, monti, paesi e città, nei resti storici e archeologici, nelle manifestazioni culturali, nei dialetti così come nelle produzioni della cultura materiale (gastronomia innanzitutto) sempre emerge, sottoforma di bipolarità sud-nord, est-ovest, una tensione a distendersi, ad allungarsi in ogni direzione: vocazione ad un1apertura che pare essere la cifra stilistica, il genere delle genti che abitano la regione.
Nella musica popolare tutto ciò trova ulteriori conferme ed evidenze, divenendo ricchezza di generi, stili, strumenti: i musicisti emiliano romagnoli sono gli unici che possono avere nel proprio repertorio di tradizione la giga, celtica nel nome come nell1esecuzione, e il saltarello che rimanda ai ritmi del centro-sud, così come le ottave rime e gli stornelli del sud mediterraneo si accompagnano, nelle voci dei cantanti, alle ballate e ai canti per i riti agrari del nord celtico. Mandolino, violino, piffero, ocarina, piva e musa (cornamuse dell1Appennino emiliano), organetto, fisarmonica, ghironda sono gli attori di questa musica estremamente ricca, diversificata, vivace eppure così sconosciuta, probabilmente perché così poco codificabile nella sua molteplicità di espressioni, oppure perché ignorata dai meccanismi delle mode musicali.

CASA del POPOLO

Perché non sono mai solo tre parole, e cuore fa rima con amore ma anche con altro.

Una storia della canzone sociale e politica dai primi dell’ottocento fino a Contessa e I treni per Reggio Calabria a ripercorrere la nostra storia più recente. Un percorso attraverso gli aspetti comunicativi ed evocativi del canto e della musica. Canti di lavoro e sul lavoro, dalle forme più antiche legate al lavoro rurale fino ai più recenti canti di fabbrica, di emigrazione, ai canti di protesta, denuncia di malessere e sfruttamento. Canti provenienti dai campi, quindi, dalle fabbriche, dai cortei, dai concerti e dalle osterie, ma anche canti non direttamente riconducibili al lavoro, che rientrano nell’argomento con la loro funzione di alleviare la fatica segnando e disegnando momenti di divertimento. Sono canti d’amore, balli, racconti che hanno svolto una importante funzione sociale. Citando Roberto Leydi: “Si è soliti far rientrare nella definizione di “canti di lavoro” non soltanto quei canti specifici che vengono utilizzati per ritmare il lavoro, ma anche quelli che sono destinati ad accompagnare o alleviare la fatica o la noia del lavoro, individuale e collettivo”. Nina e Contessa, come Per i morti di Reggio Emilia, Sciur padrun, O Gorizia, Mamma mia dammi cento lire, fino a I treni per Reggio Calabria, sono pietre che hanno segnato una parte recente della nostra storia, che ancora hanno qualcosa da dire, che ancora fa piacere cantare. Insieme. I brani provengono da registrazioni e dischi del folk revival degli anni ’60 e da registrazioni effettuate dal gruppo in diverse aree dell’Emilia e della Romagna. Nella riproposta sono stati utilizzati strumenti propri della cultura popolare, quali ghironda, piva, mandolino, violino, chitarra e fisarmonica e altri ancora, allo scopo non di ripresentare un filologico e ricalcato profilo sonoro, quanto piuttosto di rispondere all’esigenza di recupero di elementi, anche sparsi nel tempo e nello spazio, della cultura tradizionale per potere aggiungere ancora qualche tessera a quel prezioso mosaico, difforme e variegatissimo, che è la cultura popolare.

PASTORI, PASQUELLE E COMETE

Dai repertori rituali del periodo Natale-Epifania dell’Italia settentrionale, mescolando i testi sviluppatisi dai vangeli apocrifi e le laiche richieste di beni in natura caratteristiche delle questue, in un intreccio di vicende legate ai viaggi di Giuseppe e Maria, dei Magi, attraverso stelle dorate e oceani di sabbia. Pifferi, cornamuse e zampogne, assieme alla ghironda, ad evocare il canto dei pastori alla Capanna… La pratica di questi canti è ancora in certi casi attuale, oppure si è persa solo in tempi recenti, mentre la loro origine è invece antica, riconducibile a quel particolare rapporto natura – divinità che, fin da prima del Cristianesimo, ha profondamente influenzato la cultura contadina e montanara, fino a caratterizzare in modo autonomo e particolare quel cattolicesimo popolare che, come osservato da Roberto Leydi: “… in sé conserva in modo spesso drammaticamente esplicito elementi pre-cristiani, pagani extra-religiosi e così spesso si confonde con il magico … “. Le storie di Giuseppe, Maria e dei Magi, qui cantate in vari dialetti cisalpino – padani, si ritrovano anche nel resto d’Europa e anche per questo abbiamo cercato di proporre sonorità che avessero come protagonisti strumenti musicali di diverse aree linguistiche, in una evidente contaminazione che potesse evocare quella suggestione universale che caratterizza la cultura popolare religiosa. Lo spettacolo prevede, tra gli altri, l’utilizzo di quattro diverse cornamuse e zampogne, della ghironda e di quegli strumenti più legati alle tradizioni della cultura agro – pastorale.

REGINE,FATE E MALMARITATE Figure femminili nella musica popolare dell’Emilia e della Romagna
NOVITA’ 2006!!

Nei canti della tradizione popolare dell’Emilia Romagna, le figure femminili sono sempre molto caratterizzate, emblemi o icone della molteplicità di ruoli e di comportamenti della vita reale: sante e regine, streghe e fate, vittime degli inganni e della forza maschile, raccontano di una realtà e di una socialità che le vede spesso subalterne e sottoposte, ma allo stesso tempo centro e cardine dello svolgersi della vita di tutti i giorni. Sempre belle e desiderate, capaci di fare filtri magici e pozioni con le erbe, in lotta con i capitani per ottenere la grazia per il marito, attrici sempre comunque dell’azione che si narra e si canta, sempre in prima persona a dare forma e vita alla storia e alla vicenda narrandola in prima persona. Segno concreto di una società che ha il proprio centro vitale nella cucina, la stanza in cui il quotidiano diviene vissuto e dove ci si incontra, dove si fa e si dice, dove c’è (o meglio c’era) il focolare, ovvero il condotto astrale che mette in comunicazione in sotto/basso/terra con ogni sopra/alto/cielo. Una terra la nostra dove le donne di casa sono chiamate arzdore, ovvero coloro che reggono, che determinano, che decidono.
Poi ci sono i re, i cavalieri, i mariti e i conti che vivono e si muovono in uno spazio che potremmo definire “fuori” o altrove o comunque esterno al quotidiano e alle sue relazioni. Crudeli, efferati, potenti e violenti con la spada o il bastone, sembrano essere non solo estranei al vivere e ad ogni vissuto, ma divengono negazione stessa della vita, con loro la smania di teste tagliate, di sangue che scorre e di sepolte vive.
Incontriamo così la Cecilia, che pur di liberare il marito condannato alla forca va a letto col Capitano, ma al risveglio trova il marito, che aveva dato il benestare all’intrigo, impiccato.
Donna Lombarda, che sedotta da un Re potente tenta di avvelenare il marito, ma un figlio di pochi mesi miracolosamente inizia a parlare ed avverte il padre che quindi con la spada provvede a ristabilire ordine e morale. La madre nella vicenda de La bevanda sonnifera, che consiglia alla propria bellissima figlia di andare sì a letto col cavaliere disposto a pagare cento scudi (cifra inimmaginabile) ma di addormentarlo e renderlo così innocuo con un filtro magico da lei opportunamente preparato. E ancora Chi bussa alla mia porta, La bella al ballo, e altri ancora, capitoli di una vicenda e di una storia unica cha abbiamo voluto chiamare Regine, fate e malmaritate

I perchè di una ricerca:

Il territorio

Per affrontare il tema delle tradizioni musicali dell’Emilia Ro-magna si deve innanzi tutto definire l’area geografica da prendere in esame. Il nostro criterio, basato sugli studi di lingue e dialetti, ci ha permesso di delineare un’entità linguistica i cui confini superano quelli di natura geografica e sono anzi talvolta con essi in contrasto. L’area così definita risulta possedere una forte coscienza della propria identità etnica, spesso anche in assenza di unità amministrativa.

“L’area dialettale emiliano romagnola è più ampia della circoscrizione amministrativa corrispondente. Essa comincia ad Occidente già a Pavia e Voghera anziché a Piacenza; ripassa il corso del Po anche più a valle, per comprendere Mantova. Nelle valli appenniniche non raggiunge sempre il crinale; nella valle del Taro, Bedonia fa ancora parte dell’area ligure. Più a Oriente, scende invece al di là della Cisa nella Lunigiana e raggiunge Carrara. Comprende la parte transappenninica della provincia di Firenze nella zona di Marradi, infine e soprattutto, invade le Marche fino al corso dell’Esino, a una sessantina di chilometri dal confine amministrativo, e a una decina appena da Ancona. La frontiera dialettale è netta verso i dialetti marchigiani e ancor più verso i toscani; meno netta verso quelli liguri, ancora meno verso i piemontesi e i lombardi, mentre di nuovo si accentua rispetto a quelli veneti; si sposta in avanti nell’Appennino parmense dove una volta Borgotaro era territorio ligure, arretra nel territorio pavese. Questo perché le regioni amministrative prevalgono su quelle storiche e l’influenza di Genova si fa sentire sull’Appennino meno di quella di Parma, e a Pavia, Milano si fa sentire molto più che Piacenza o Bologna.” (G. Devoto, G. Giacomelli I dialetti delle re-gioni d’Ita-lia, Sansoni, Firenze, 1971)

Restano sempre evidenti, comunque, certi confini interni all’area in questione: possiamo, sempre con l’aiuto della linguistica, definire alcune sezioni o subaree. “La varietà delle parlate emiliano romagnole è da attribuirsi a ragioni storiche e geografiche che nel corso dei secoli non ne hanno consentito la fusione in un’unica lingua. Non è facile dire quante esse siano: inchieste approfondite per identificare il corso delle differenti isoglosse sono ancora da compiere. Anzitutto è bene tenere distinte le due parti della regione amministrativa: l’Emilia e la Romagna. Nei romagnoli è vivissimo, più che negli emiliani, il senso della propria identità culturale e linguistica.” (G. Bellosi, G. Quondamatteo Le parlate dell’Emila e della Romagna, Edizioni del Riccio, Firenze, 1979)

Dobbiamo quindi parlare di musica dell’Emilia e musica della Romagna, leggendo cioè nel contempo continuità e diversità, soprattutto puntando su un dualismo che trova la sua massima e più nota espressione nella cultura del cibo, tanto importante nella regione da esserne quasi divenuto l’emblema. L’esemplificazione, anche potabile, di questo dualismo ci viene offerta da quelli che con ogni probabilità sono i due vini rossi più noti della regione: il frizzante e leggiadro lambrusco emiliano, il suo breve spumare di un prezioso color rosa antico, sembra davvero opporsi al sangiovese della Romagna, dal colore e dal sapore fermo e deciso: sangue romagnolo (e ogni deamicisiana citazione cade a proposito). Così si tratta di scontro/incontro tra la piadina e la tigella, entrambi pani e simboli solari, ma così diversi nelle dimensioni e nella sostanza; tra la mortadella, barocco insaccato di carni cotte e spezie, e il prosciutto di Carpegna, solamente sale e aria raffinata; tra il parmigiano reggiano e il formaggio di fossa… e così via.

Canti, suoni, danze

Cantare e suonare sono gesti estranei all’esperienza comune, a differenza della lingua e del linguaggio. Gesti riservati ai pochi che nelle società tradizionali godevano di un preciso e particolare status, riconosciuto e riconoscibile dall’intera comunità. Così i suonatori dell’Appennino bolognese venivano pagati in denaro, cosa straordinaria in una società basata invece sullo scambio delle merci. Vero anche che canti di lavoro, ninnenanne, orazioni, filastrocche e molte altre cose erano patrimonio comune e di ampissima diffusione, ma il violino o la fisarmonica, piuttosto che il mandolino o la piva (cornamusa), erano assai rari poiché costosi. Così anche le occasioni per ballare non erano frequenti: due-tre volte l’anno e poi basta. Spazio della festa quello della musica, spazio del sacro, da rispettare e ascoltare in silenzio, rottura con la quotidiana fatica del vivere.

Gli strumenti
Percorrere le tracce degli strumenti musicali dell’Emila Romagna è un poco come seguire un sottile filo, spesso intrecciato, annodato. Anche rotto. Eppure è un filo, anzi una matassa, concentrazione di filo; o di fili. La ricchezza di strumenti musicali della regione consente infatti di perdersi e ritrovarsi, di potere collegare qualsiasi altro percorso a questo, di sovrapporlo a ottenere una sorta di caleidoscopica orchestra musicale. Così il piffero di Piacenza, la reggiana piva dal Carnér (cornamusa), i mandolini e le chitarre modenesi, l’ocarina di Budrio (Bologna), il violino ed il violinismo dell’Appennino bolognese, i clarinetti e gli organetti della Romagna formano, con la presenza costante di chitarre, bassi a tre corde (liròn), fisarmoniche e percussioni, l’Orchestra Popolare dell’Emilia e Romagna.

La voce

E non possiamo dimenticare la voce, il canto, senza dubbio l’attività più importante dell’uomo musicale. Quando la voce assume la consapevolezza del canto, si vengono a configurare precisi elementi tecnici, stilistici ed esecutivi che sono in grado di caratterizzare la vocalità del canto dell’Emilia e della Romagna in maniera decisa.

Questa vocalità è lontana dalle modalità di esecuzione tipiche della ballata del nord, così improntate dai racconti di quell’area definita ‘celtica, nella quale la lunghezza della narrazione, lo svolgersi dell’azione, diviene elemento centrale della performance, imponendo modelli vocali pacati, ‘narranti’: non voce di gola, solo qualche frase o qualche passaggio, poche ornamentazioni e abbellimenti a suggellare ancora il patto della voce col testo. Nella nostra regione, invece, la ballata, con le sue esigenze narrative, si incontra con una vocalità che ha già fatto i conti con gli stornelli, le romanelle, le boare; forme che strutturalmente possiedono l’esigenza dell’abbellimento, del melisma, del gruppo di note, della melodia cantata su una sola sillaba, tutti elementi che provengono dalla cultura mediterranea, del Mezzogiorno d’Italia e che trapassano anche al canto narrativo, dando luogo a una grande ricchezza di mezzi tecnici ed espressivi della voce.

Anche l’altezza delle voci, che spesso è esasperata (i cantanti popolari riferiscono che la voce giusta per cantare è quella più alta possibile, quella che si avvicina al grido), risponde a precisi criteri estetici e funzionali. Voci, certo, per il chiuso della stalla o della cucina, ma anche capaci di lanciare messaggi da un campo all’altro, adatte per la piazza o il cortile, veri punti focali della cultura emiliano romagnola, dove i canterini, anche in coro, con le loro ‘cante’ suggellano la festa con la fatica e lo sforzo della loro gola.

Il ballo

Parlare di balli o danze popolari in Emilia e Romagna significa immediatamente evocare la straripante fortuna, commerciale e di pubblico, del cosìddetto liscio. Immagine corretta e coincidente con una realtà nella quale il liscio riesce a coinvolgere, a investire profondamente centinaia di migliaia di persone nella sola regione. Al liscio vengono dedicate sale da ballo, feste private, politiche e religiose, fans club e Associazioni o Accademie per la tutela di questo passo di danza o di quello stile.

Non si tratta di un fenomeno di revival decadente, destinato a determinate classi sociali o a una fascia d’età particolare: ancor oggi il liscio, in Emilia e Romagna, è il genere di ballo più seguito, e non solamente da coloro che abitano nei piccoli centri o da anziani di origine operaia e contadina. Sono però i precedenti e le origini che possono spiegarci il fenomeno della sua enorme diffusione, delle passioni che riesce a muovere in questa regione come in nessun’altra.

Il liscio ha una diffusione piuttosto recente: nelle pianure si afferma infatti all’inizio del Novecento, mentre solo negli anni Venti appare nei repertori dei suonatori della montagna, dove, almeno fino alla seconda guerra mondiale, rimane marginale a un ricco patrimonio di balli chiamati bal specc (balli staccati) o ‘balli saltati’. Si tratta di danze nelle quali poco di frequente si giunge a un contatto fisico tra i ballerini. Piuttosto che di un numero indeterminato di coppie, come nel caso del ballo liscio, qui sono coinvolti gruppi di persone predeterminati e limitati. I passi che caratterizzano questi balli sono fatti di saltelli e piroette, residui di antiche danze precristiane di fertilità.

PUBBLICAZIONI:

CD:

Antologia della Musica Popolare Italiana – Vol.2 – Emilia Romagna – RED EDIZIONI (2002)

Le informazioni, gli mp3 da scaricare e la possibilità di acquistare questo album alla pagina:
http://www.radicimusic.com/store/it/spec.html?codice=RM727

Mamma mia dammi cento lire – Voci e suoni dell’emigrazione italiana – FILEF BOLOGNA (2002)
Ospiti: Il Coro delle Mondine di Novi
http://www.mondinedinovi.it/

Le informazioni, gli mp3 da scaricare e la possibilità di acquistare questo album alla pagina:
http://www.radicimusic.com/store/it/spec.html?codice=RM1001

Casa del Popolo – Canti di lotta, di lavoro, di resistenza in Emilia e Romagna
inFORMAdiSUONO / Scuola di Musica popolare CDPER003 (2005)

Le informazioni, gli mp3 da scaricare e la possibilità di acquistare questo album alla pagina:
http://www.radicimusic.com/store/it/spec.html?codice=RM719

Pastori, Pasquelle e Comete – Note di una notte di Pace
inFORMAdiSUONO CDPER004 (2006)

Le informazioni, gli mp3 da scaricare e la possibilità di acquistare questo album alla pagina:
http://www.radicimusic.com/store/it/spec.html?codice=RM962

COMPILATION:

Tribù Italiche / Emilia Romagna – Allegato a World Music Magazine n° 55 – EDT (2002)

Italie: Instruments de la musique populaire (Buda, Musique Du Monde – distr. Universal) (2003)

Altreterre – Musiche da Santarcangelo dei Teatri. – SANTARCANGELO DEI TEATRI – IL MANIFESTO (2003)

Italian Roots – Italian Folk Music
Radici Music Records (2007)

info alla pagina:
http://www.radicimusic.com/store/it/spec.html?codice=RM1107

COLLABORAZIONI A COLONNE SONORE:

IVANO MARESCOTTI
“ITER – ITER”
Spettacolo teatrale
Anno 2006
(caména – caména)
musiche di
Stefano Zuffi & Pneumatica Emiliano Romagnola e Paolo Damiani
drammaturgia e regia di
Ivano Marescotti

“I giovani alla scoperta dei luoghi della memoria nel Quartiere Savena di Bologna” (2006)

DVD prodotto da VOLABO Bologna
In collaborazione con Associazione “Emilia Romagna Costa Rica”, Comune di Bologna, Quartiere Savena

Potete trovare informazioni ed un estratto di questo DVD alla pagina seguente:
http://www.flashvideo.it/videosheet.php?key=1420&PHPSESSID=d70336190421d4d173282ecfabbd3a71

DA OGGI LA PNEUMATICA ANCHE IN VIDEO,
LA TROVI SU YOU TUBE AL SEGUENTE INDIRIZZO:
http://www.youtube.com/watch?v=e0tkuChOED4

LE IMMAGINI DI LUCIANO GAETANI SONO RELATIVE ALLE PROVE ED ALLO SPETTACOLO DELLA PNEUMATICA EMILIANO ROMAGNOLA EFFETTUATO IL 1° APRILE 2006 AL VIDIA DI CESENA IN APERTURA DEL CONCERTO DEI MODENA CITY RAMBLERS

La Pneumatica oggi:
NOTTE DELLA TARANTA
RAVENNA FESTIVAL
RUSSI (RA) 2007

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