29 Agosto 2020 – Rocca di Forlimpopoli – Guest: Juan Carlos FLACO Biondini

Vi presentiamo l’ultimo graditissimo ospite di FOLK D’AUTORE – Festival di musica popolare di Forlimpopoli 2020:

Juan Carlos “Flaco” Biondini

Visto il ridotto numero di posti disponibili causa normativa Covid,
si consiglia l’ acquisto del ticket in prevendita a questi link:

prevendita per sabato 29:
https://www.ticketsms.it/event/0mEdRILZ

Juan Carlos Biondini, meglio conosciuto come Flaco (Junín, 4 marzo 1948), è un chitarrista e cantante argentino.

Originario di Junín in Argentina, si trasferisce in Italia nel 1974; in meno di due anni diviene amico di Francesco Guccini, a lui presentato dalla comune conoscenza di Deborah Kooperman, cantautrice e chitarrista dei primi album del cantautore emiliano. Proprio quest’ultimo, notandolo, gli assegna la chitarra solista e talvolta la seconda voce in moltissimi dei suoi album, sia studio che live, come la parte di Sancho Panza in Don Chisciotte. Sempre con Guccini si adopera anche come compositore in varie canzoni, come Cencio, Le ragazze della notte, Luna fortuna, Il caduto e Scirocco.

Biondini collabora anche con altri artisti italiani: Paolo Conte per l’album Un gelato al limon, Claudio Lolli per l’album Nove pezzi facili, Bruno Lauzi, Vinicio Capossela, Sergio Endrigo, Leda Battisti e alcuni stranieri.

Da Wikipedia, l’enciclopedia libera.

«Son venuto in Italia con una chitarra, 109 dollari e 50 mila lire». Dall’Argentina del tango («sì, ma era musica per balere, io amavo i Led Zeppelin»), Juan Carlos «Flaco» Biondini approda in una tranquillissima Lerici, estate del 1974. Un ragazzo come tanti, bravissimo musicista, in cerca di una svolta per la sua vita. Gli viene presentato Francesco Guccini: lì comincia in silenzio la leggenda di Flaco. Che finirà ad accompagnare con sei corde le parole di Paolo Conte, Ligabue, Cristiano De André, Sergio Endrigo, Eugenio Finardi, Antonello Venditti, Roberto Vecchioni, Bruno Lauzi, Fabio Concato. «Non conoscevo la lingua e tantomeno l’ambiente musicale. Volevo mangiare il mondo!».
Accordi Riavvolgendo il rullino, seduti in salotto nella bella villa di Bannone, lui maglietta con scritto «Puros Cigaros Cubanos», si parte dai primi accordi di chitarra classica a Junin, cittadina non lontano da Buenos Aires, piena in quei tempi di officine ferroviarie, da poco nazionalizzate. «Mio padre mi portava all’opera, spesso», ricorda lui. Puccini con il babbo, i Beatles quando poteva. E poi Johnnie Ray, Elvis Presley, il rock. All’inizio un maestro, poi tante ore per lo più da autodidatta, formano il giovane, giovanissimo, musicista Biondini. «Non ero molto disciplinato, ai tempi del liceo», chiude la questione.
Lunga carriera E’ una persona, Biondini, tutt’altro che antipatica, giustamente impiega un po’ di tempo per sciogliersi e raccontare qualcosa sulla sua lunga carriera. L’inizio è con gruppi locali dai nomi come «Maja Negra», cover rock. «Era l’epoca dei Led Zeppelin, dopo Woodstock». Come ha conosciuto Francesco Guccini? «Ci ha presentati Deborah Kooperman». Dopo un anno di Lerici, Flaco comincia ad abitare a Parma; città che non abbandonerà più fino ad oggi, se non per trasferirsi nell’ancora più sereno circondario. «Non sapevo nemmeno dove fosse, Parma. Un giorno mi trovavo a Pontenure con mio cognato, lessi sulla ‘Libertà’ un annuncio di un corso di jazz a Parma e venni a provare. Conobbi il chitarrista Filippo Daccò, ottimo insegnante. Era anche la prima volta che prendevo un treno in Italia, per dire».
Suonare Come mai, il volo verso l’Italia? «Là sarebbe stato difficilissimo fare questo mestiere. Farlo campando, dico; per suonare, suonavo già spessissimo, nei locali. E poi la situazione politica dell’Argentina. Ebbi un brutto episodio con i militari. A cena con amici, era il periodo della guerra in Vietnam e per protesta si indossavano giubbotti militari. Venni preso senza motivo, i miei amici manco lo portavano, quel giubbotto, e per cinque giorni ci chiusero in galera senza neanche mangiare. Comunicavamo tra noi, di cella in cella, fra le sbarre. In famiglia non sapevano niente, ci davano per dispersi. Fu la goccia che fece traboccare il vaso».
Contestazione «Flaco» suona con Guccini da una vita. Insieme cantano in «Don Chisciotte». Quante serate, quanti bicchieri di rosso. «Macché comunista. Lui semmai è socialista, di idee dico, non di partito. Sa perché scrisse “L’avvelenata”? Perché ne aveva piene le scatole degli estremisti, che gli rompevano i c… ai concerti. Tutti ragazzotti di formazioni extraparlamentari a contestargli che era diventato ricco, che aveva tradito, che si diceva compagno e faceva il borghese. A volte ci interruppero per imporre un dibattito. Era il 1976. Che tensione, in quelle notti. Suonavamo nei teatri e ci contestavano il fatto di far pagare i biglietti. Alcune volte, con le note, volavano insulti, botte e vetri rotti».

Stefano Rotta – Gazzetta d Parma 23/09/2012

 

 

#entroterrefestival
#festivaldimusicapopolareforlimpopoli
#folkdautore
#scuolamusicapopolareforlimpopoli

Author: Bartolini

Share This Post On
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: